venerdì 26 novembre 2010

IL SIGILLO DI PIETRA: LE FOTO DELLA CRIPTA DEGLI APPESTATI!

Gent.ma redazione, ringraziandovi per lo spazio dato alla pubblicazione prossima, le invio l'ouverture e le foto della cripta della Chiesa della Lama.
Vito Didonna.

Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo in anteprima le foto della cripta della Chiesa della Lama: 

Il vento gelido dei Balcani attraversava il mare nel mese di ottobre del 1815. Si infilava al tramonto nelle piccole case dei pescatori di Torre Pelosa, saliva per i campi pietrosi del barone e per i tratturi deserti di lama Giotta.
L’acqua scrosciava incessante formando pozzanghere e rigagnoli. In lontananza le mura di un paese, Noja: campanili, il vecchio palazzo del Duca, la piazza del mercato con qualche deposito ancora aperto: balle di cotone, pelli della Dalmazia, anisi, sardelle di Ragusa…
I contadini, rintanati nelle casupole, si scaldavano al braciere pensando al cattivo raccolto: poche mandorle, olive divorate dalle cavallette, niente carrube per i cavalli. Nella cantina del vecchio castello, tra vino novello e fichi secchi stagionati, un pescatore della Pelosa raccontava di uno sciabecco che aveva sbarcato un carico di pelli e di stoffe dal Levante….
Il vento gelido dei Balcani portava anche i brividi della febbre estuante …

Testi scelti e commentati da Vito Didonna

Introduzione 
Quando nel mese di novembre del 1815 incominciò a diffondersi nel Regno di Napoli la notizia di un attacco di peste in Puglia, e precisamente nella città di Noja, al governo del regno era da poco ritornato Ferdinando IV di Borbone.
Per meglio capire il comportamento delle autorità politiche e scientifiche dell’epoca di fronte a questo raccapricciante evento, oggi a distanza di tanti anni e in un clima di più serena obiettività, si può affermare che il Re Borbone intervenne in modo decisivo per la soluzione ottimale del problema, anche se certa pseudo storia risorgimentale ha sempre fatto credere ai nojani il contrario.
Oggi si può dire che questa politica, nel passato giudicata dagli storici repressiva ed ingiusta per la nostra città, sia stata molto lungimirante perché grazie alle rigide misure di profilassi e di prevenzione, Noja fu salvata dalla completa distruzione: alla fine del contagio si contarono quasi 800 morti su una popolazione di 5000 abitanti.
Onerosa fu la spesa per l’erario statale borbonico: oltre 12 milioni di ducati !
E così per meglio intendere i tragici fatti di quell’evento accaduto circa duecento anni fa, nelle pagine seguenti ho trascritto brani tratti dai libri di scrittori considerati importanti per la storia della peste di Noja: il dott. Arcangelo D’Onofrio, Vitangelo Morea e Sebastiano Tagarelli.
In particolar modo mi sono soffermato sul Dettaglio Istorico della Peste di Noja, relazione pubblicata dal capo della Reale Commissione Medica dott. Arcangelo D’Onofrio, nel 1817.
Và detto che l’opera non ha avuto nel tempo grande fortuna per diversi motivi: fu accusata di partigianeria e di falsità nella descrizione dei fatti accaduti, ma personalmente ritengo che tutte le fonti contengano una parte di verità e quindi per questo degne di essere considerate.
Il presente lavoro si arricchisce di fotografie che ritraggono i luoghi del contagio e cercano di ricostruire le modalità della cura.
Per la prima volta appaiono, grazie alla disponibilità dei Padri Agostiniani della Madonna della Lama, le foto della cripta del vecchio cimitero della chiesa dove furono sepolti i primi 42 morti di peste.
L’autore
Vito Didonna






 

A nome dell'Associazione Cittàntica ringrazio pubblicamente Vito Didonna per il suo impagabile lavoro atto a salvaguardare, far scoprire e soprattutto tener viva quella che è la storia del nostro amato paese.
Bisognerebbe fare in modo tutti assieme, associazioni, amministrazione e cittadini, di agevolare l'attività di coloro che, togliendo tempo al proprio lavoro, alle proprie famiglie e rimettendoci anche economicamente, con il loro operato  aiutano questo paese ad uscire dal letargo culturale che oramai da troppo tempo imperversa soprattutto tra le nuove generazioni.
Grazie Vito, ad maiora semper.

Ing. Giuseppe A. Latrofa

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