dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 14.01.2010
NOICATTARO IL COMUNE E LA GIUSTIZIA AVVIANO UN PROCEDIMENTO SPERIMENTALE: IL RAGAZZO AIUTERÀ ANZIANI E DISABILI
«Lavori
forzati». Con una massiccia dose di ironia qualcuno ha così definito la
«misura alternativa alla pena» cui sarà sottoposto un giovane di
Noicattaro. Il quale, condannato alla pena di otto mesi di reclusione e
in attesa di scontarla, sarà al centro di una sperimentazione piuttosto
rara dalle nostri parti, frutto dell’accordo tra i Servizi sociali del
Comune di Noicattaro e l’Uepe, l’Ufficio esecuzione penale esterna del
Tribunale di Bari. Un giovane «normale», proveniente
da una famiglia altrettanto «normale».
Caduto nella trappola della droga. Avrebbe dovuto scontare gli otto mesi per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Invece di passare 240 giorni in quella che secondo più di un osservatore spesso si trasforma in «palestra» della malavita per allenarsi alla illegalità, il ragazzo nojano potrà rendersi utile alla società. Svolgendo appunto lavori di pubblica utilità per un anno. Il protocollo sarà firmato lunedì prossimo, 18 gennaio, e sancirà un accordo già raggiunto tra i due enti. Prevede l’affidamento del condannato ai Servizi sociali comunali. Il progetto pilota non avrà alcun costo per l’ente locale. Il Dpr 309 del 1990 e il decreto legislativo 274 del 2000 prevedono infatti che il lavoro di pubblica utilità consiste nella «prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato ovvero all’inter no di strutture private organizzate». In generale, precisa ancora la normativa, l’attività è svolta «a favore di persone affette da Hiv, portatori di handicap, ammalati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari o nel settore della protezione civile, nella tutela del patrimonio pubblico e ambientale e in varie altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato».
Caduto nella trappola della droga. Avrebbe dovuto scontare gli otto mesi per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Invece di passare 240 giorni in quella che secondo più di un osservatore spesso si trasforma in «palestra» della malavita per allenarsi alla illegalità, il ragazzo nojano potrà rendersi utile alla società. Svolgendo appunto lavori di pubblica utilità per un anno. Il protocollo sarà firmato lunedì prossimo, 18 gennaio, e sancirà un accordo già raggiunto tra i due enti. Prevede l’affidamento del condannato ai Servizi sociali comunali. Il progetto pilota non avrà alcun costo per l’ente locale. Il Dpr 309 del 1990 e il decreto legislativo 274 del 2000 prevedono infatti che il lavoro di pubblica utilità consiste nella «prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato ovvero all’inter no di strutture private organizzate». In generale, precisa ancora la normativa, l’attività è svolta «a favore di persone affette da Hiv, portatori di handicap, ammalati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari o nel settore della protezione civile, nella tutela del patrimonio pubblico e ambientale e in varie altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato».
I Servizi sociali nojani hanno
molteplici progettualità in corso (un bilancio dello stato di
attuazione e delle prospettive future è stato al centro di un incontro
con i cittadini e i soggetti del Terzo settore poco prima di Natale),
tra
le quali quelle relative a lavori
di piccola manutenzione (verde pubblico, piccoli interventi edili e
simili). Ma, ha spiegato l’assessore ai Servizi sociali Donato
Liturri, «per questo primo intervento abbiamo preferito fare impegnare
il ragazzo nell’ambito dell’assistenza. Opererà nell’ambito
dell’assistenza domiciliare integrata - ha aggiunto Liturri -, al
fianco di operatori con professionalità avanzate. L’obiettivo è che
comprenda appieno l’importanza del lavoro e che apprezzi il valore
delle sue azioni finalizzate ad alleviare le sofferenze altrui».
La convenzione Tribunale-Comune
prevede che i «tutor» del ragazzo segnalino immediatamente all’Uepe
«qualsiasi violazione, inosservanza o irregolarità nell’esecuzione
dell’attività da parte del soggetto inserito nell’attività
assistenziale», impegnandosi inoltre «a consentire in qualsiasi momento
le attività di controllo da parte del Tribunale».
Dice Liturri: «Nell’ordinamento
c’è in effetti una cospicua dose di fiducia, un elemento fondamentale
in un’esperienza di questo genere».
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