tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno
Stefàno: «Battere la concorrenza sleale con la valorizzazione del nostro prodotto» «Le caratteristiche del comparto - frammentarietà e insufficiente organizzazione dell’offerta - acuiscono gli effetti del momento negativo»
• BARI. Leader nazionale nella produzione dell’uva da tavola, seconda solo al Veneto, in Italia, per colture vitivinicole, la Puglia deve fare i conti con un’inattesa crisi del settore. Tra i fattori scatenanti, due temi sembrano essere particolarmente decisivi: il ritardo nell’organizzazione della filiera, priva di una regia complessiva e ancora alle prese con individualismi spesso deleteri, e la concorrenza sleale attuata ricorrendo a prodotti di provenienza africana, ma spacciati per pugliesi. Così il prezzo «alla pianta» è sceso intorno ai 20-25 centesimi al chilo. Una quotazione assolutamente non remunerativa. L’assessore regionale alle Risorse Agricole, Dario Stefàno s’è appena calato in una realtà fino a un paio di mesi fa a lui sconosciuta e deve fare subito i conti con un’emergenza. «Ci confrontiamo con gli effetti di una crisi congiunturale senza precedenti - afferma - che peraltro ci espone a una concorrenza sleale di prodotti provenienti da aree terze, spesso contrabbandate come pugliesi. Questo tema rappresenta la battaglia prioritaria da combattere». «Essendo quello pugliese un sistema economico fragile - aggiunge - , gli effetti della crisi si avvertono in maniera molto più profonda, specie nei comparti che registrano un maggiore volume produttivo, qual è quello dell’uva pugliese, sia per quanto riguarda l’uva da vinificazione che per quella da tavola. Le caratteristiche del comparto - perdurante frammentarietà e insufficiente organizzazione dell’offerta - non fanno che acuire gli effetti della crisi». Come si risolve il problema dell’invenduto ? La sfida non è quella di gestire l’invenduto, quanto piuttosto creare le condizioni perché vi siano le maggiori opportunità di sbocco possibili per la produzione. L’estate appena trascorsa ci ha visti impegnati su più tavoli di confronto tecnico, con l’obiet - tivo di monitorare costantemente il sistema e garantire maggiore sbocco alle nostre produzioni. Questo lavoro ci ha consentito di rilevare uno degli aspetti critici da risolvere: l’esatta destinazione alle produzioni. Perché, se agli effetti della crisi si sommano anche le distorsioni di natura illecita, è chiaro che risalire la china diviene molto più difficile. Il sistema pugliese reggerà la concorrenza? I prodotti pugliesi hanno tutti i requisiti di qualità per non temere il confronto con i competitor. È chiaro, però, che devono esservi regole chiare che lascino al consumatore la possibilità di scegliere tra uva pugliese ed uva turca, senza artifizi commerciali che mistificano la realtà. In tale direzione, l’obiettivo della Regione Puglia sarà duplice ed ambizioso: difendere da un lato la dignità dei produttori pugliesi e del loro lavoro, dall’altro quella del nostro prodotto, che possiede caratteristiche non «scimmiottabili». Quali risposte darà l’assessorato alla crisi? Siamo impegnati su più fronti per affiancare e sostenere il settore agroalimentare pugliese. Per quanto riguarda l’uva da tavola, abbiamo avviato un tavolo tecnico che costruisca un negoziato aperto con la Grande distribuzione organizzata. L’intento è garantire, da un lato la presenza di determinati standard quali-quantitativi, dall’altro consentire alle nostre produzioni di essere protagoniste sugli scaffali, attraverso strumenti che ne valorizzino le caratteristiche. Di conseguenza si potrà determinare un livello di prezzi maggiormente remunerativo per i produttori. In questo negoziato la Regione ma mette in campo anche un protagonismo forte ed attivo in tema di promozione. I produttori si lamentano: «le sagre - dicono - non servono più a vendere». Che risponde? La sagre, per loro natura, non hanno lo scopo di garantire mercati di sbocco al prodotto, semmai dovrebbero rappresentare strumenti di promozione territoriale attraverso la quale valorizzare l’identità territoriale, legandola a determinate produzioni. Mi sembra, però, che negli ultimi anni ci sia stata una interpretazione distorta della loro funzione tanto da arrivare ad un proliferare eccessivo. Tra gli esperti, c’è chi dice che alla crisi dell’uva da tavola seguirà quella dell’uva da vinificazione. Proprio per serrare i ranghi e dare risposte immediate al comparto, lunedì scorso si è tenuto il Comitato consultivo vitivinicolo. È è emersa la unanime condivisione sulla opportunità di ricorrere allo strumento normativo dell’«arricchimento», anche in considerazione della scelta di anticipare i tempi della vendemmia per rispondere alle esigenze di natura produttiva. Si annunciano tempi duri anche per le altre colture pugliesi. Ha un piano? L’obiettivo è valorizzare l’intera filiera agroalimentare. Si tratta di raggiungere il migliore utilizzo dei fondi del Piano di Sviluppo rurale, che rappresenta l’ultima opportunità a nostra disposizione per innestare una innovazione profonda dei processi produttivi. Allo stesso tempo vanno stimolate misure che alimentino la aggregazione del sistema. Solo così si risolverà l’atavico problema della parcellizzazione estrema, causa di fragilità dell nostro sistema».
• BARI. Leader nazionale nella produzione dell’uva da tavola, seconda solo al Veneto, in Italia, per colture vitivinicole, la Puglia deve fare i conti con un’inattesa crisi del settore. Tra i fattori scatenanti, due temi sembrano essere particolarmente decisivi: il ritardo nell’organizzazione della filiera, priva di una regia complessiva e ancora alle prese con individualismi spesso deleteri, e la concorrenza sleale attuata ricorrendo a prodotti di provenienza africana, ma spacciati per pugliesi. Così il prezzo «alla pianta» è sceso intorno ai 20-25 centesimi al chilo. Una quotazione assolutamente non remunerativa. L’assessore regionale alle Risorse Agricole, Dario Stefàno s’è appena calato in una realtà fino a un paio di mesi fa a lui sconosciuta e deve fare subito i conti con un’emergenza. «Ci confrontiamo con gli effetti di una crisi congiunturale senza precedenti - afferma - che peraltro ci espone a una concorrenza sleale di prodotti provenienti da aree terze, spesso contrabbandate come pugliesi. Questo tema rappresenta la battaglia prioritaria da combattere». «Essendo quello pugliese un sistema economico fragile - aggiunge - , gli effetti della crisi si avvertono in maniera molto più profonda, specie nei comparti che registrano un maggiore volume produttivo, qual è quello dell’uva pugliese, sia per quanto riguarda l’uva da vinificazione che per quella da tavola. Le caratteristiche del comparto - perdurante frammentarietà e insufficiente organizzazione dell’offerta - non fanno che acuire gli effetti della crisi». Come si risolve il problema dell’invenduto ? La sfida non è quella di gestire l’invenduto, quanto piuttosto creare le condizioni perché vi siano le maggiori opportunità di sbocco possibili per la produzione. L’estate appena trascorsa ci ha visti impegnati su più tavoli di confronto tecnico, con l’obiet - tivo di monitorare costantemente il sistema e garantire maggiore sbocco alle nostre produzioni. Questo lavoro ci ha consentito di rilevare uno degli aspetti critici da risolvere: l’esatta destinazione alle produzioni. Perché, se agli effetti della crisi si sommano anche le distorsioni di natura illecita, è chiaro che risalire la china diviene molto più difficile. Il sistema pugliese reggerà la concorrenza? I prodotti pugliesi hanno tutti i requisiti di qualità per non temere il confronto con i competitor. È chiaro, però, che devono esservi regole chiare che lascino al consumatore la possibilità di scegliere tra uva pugliese ed uva turca, senza artifizi commerciali che mistificano la realtà. In tale direzione, l’obiettivo della Regione Puglia sarà duplice ed ambizioso: difendere da un lato la dignità dei produttori pugliesi e del loro lavoro, dall’altro quella del nostro prodotto, che possiede caratteristiche non «scimmiottabili». Quali risposte darà l’assessorato alla crisi? Siamo impegnati su più fronti per affiancare e sostenere il settore agroalimentare pugliese. Per quanto riguarda l’uva da tavola, abbiamo avviato un tavolo tecnico che costruisca un negoziato aperto con la Grande distribuzione organizzata. L’intento è garantire, da un lato la presenza di determinati standard quali-quantitativi, dall’altro consentire alle nostre produzioni di essere protagoniste sugli scaffali, attraverso strumenti che ne valorizzino le caratteristiche. Di conseguenza si potrà determinare un livello di prezzi maggiormente remunerativo per i produttori. In questo negoziato la Regione ma mette in campo anche un protagonismo forte ed attivo in tema di promozione. I produttori si lamentano: «le sagre - dicono - non servono più a vendere». Che risponde? La sagre, per loro natura, non hanno lo scopo di garantire mercati di sbocco al prodotto, semmai dovrebbero rappresentare strumenti di promozione territoriale attraverso la quale valorizzare l’identità territoriale, legandola a determinate produzioni. Mi sembra, però, che negli ultimi anni ci sia stata una interpretazione distorta della loro funzione tanto da arrivare ad un proliferare eccessivo. Tra gli esperti, c’è chi dice che alla crisi dell’uva da tavola seguirà quella dell’uva da vinificazione. Proprio per serrare i ranghi e dare risposte immediate al comparto, lunedì scorso si è tenuto il Comitato consultivo vitivinicolo. È è emersa la unanime condivisione sulla opportunità di ricorrere allo strumento normativo dell’«arricchimento», anche in considerazione della scelta di anticipare i tempi della vendemmia per rispondere alle esigenze di natura produttiva. Si annunciano tempi duri anche per le altre colture pugliesi. Ha un piano? L’obiettivo è valorizzare l’intera filiera agroalimentare. Si tratta di raggiungere il migliore utilizzo dei fondi del Piano di Sviluppo rurale, che rappresenta l’ultima opportunità a nostra disposizione per innestare una innovazione profonda dei processi produttivi. Allo stesso tempo vanno stimolate misure che alimentino la aggregazione del sistema. Solo così si risolverà l’atavico problema della parcellizzazione estrema, causa di fragilità dell nostro sistema».
NINNI PERCHIAZZI


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